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L'intervista

Regionali, lo sfogo di Barbagallo: «Conte spudorato e niente lezioni da chi si candida con De Luca»

Il segretario regionale del Pd non le manda a dire dopo la rottura con il M5S nei confronti del quale sarà molto probabilmente intentata una causa civile con tanto di richiesta di risarcimento danni

Di Mario Barresi |

Segretario Barbagallo, quanti ceri ha acceso a Santa Caterina affinché Chinnici non vi mollasse? «Caterina Chinnici è una donna di grande spessore, una persona straordinaria. E ha tutte le carte in regole per fare la presidente della Regione. Sono orgoglioso di averla indicata alla direzione come nostra candidata. Come per tutti noi del Pd, anche per lei e per la sua famiglia sono state ore difficili, ma ancora una volta le ha affrontare con il suo stile e la sua tenacia. Per Caterina, a nome del partito nazionale e regionale, c’è soltanto una parola da dire: grazie».

Dopo i ringraziamenti di rito, confessi come siete riusciti a convincerla a non ritirarsi. Dicono che sia stato decisivo l’intervento di Letta in persona… «Anche in questo frangente, il nostro partito s’è dimostrato un tutt’uno, dai militanti al segretario nazionale. Devo ringraziare Enrico Letta per la vicinanza personale e al Pd siciliano. Per il resto, nient’altro da aggiungere: Caterina ha chiesto tempo per riflettere e ha preso la decisione che tutti speravamo prendesse. Possiamo vincere, i primi dati dopo la rottura del M5S ci danno segnali incoraggianti: il centrodestra, assetato di potere e inaffidabile, si può battere. Adesso andiamo avanti…».

Andate avanti senza il M5S. Che accusate di «alto tradimento». «È stato un atto di uno squallore e di una gravità inauditi. Ammetto che lo strappo di Conte mi brucia molto. E dire che, avendo cominciato a fare politica attiva da ragazzino, di giravolte ne ho viste tante. Ma mai con la spregiudicatezza e la slealtà che abbiamo visto dai cinquestelle. Prima hanno partecipato alle primarie, hanno perso e hanno riconosciuto la vittoria della Chinnici. Poi, al novantesimo minuto, sono scappati portandosi il pallone. Sul campo largo e sulle primarie ci abbiamo messo la faccia, tutti, davanti ai siciliani. Se avesse vinto la Floridia, a parità di difficoltà dei rapporti nel quadro nazionale, noi l’avremmo sostenuta».

E invece Conte ha incoronato Di Paola nuovo candidato solitario… «L’ha fatto senza il minimo rossore, un quarto d’ora dopo aver annunciato la rottura dell’alleanza. Conte ha rotto spudoratamente un patto politico sottoscritto. Ma ha anche violato un’obbligazione giuridica. Il M5S, scegliendo di partecipare alle primarie, aveva sottoscritto l’impegno di sostenere il vincitore. E ora, invece, propone Di Paola, un candidato illegittimo rispetto a un accordo firmato».

E ora che fa, presenta un ricorso? «Ho dato mandato ai nostri legali di verificare la candidabilità di Di Paola e la fondatezza di una causa civile per chiedere il risarcimento dei danni che abbiamo subito da chi non ha rispettato le regole che c’eravamo dati. Roba da cerchio dantesco, l’ultimo dell’inferno, quello dove sono confinati i traditori».

Anche i traditi, talvolta, possono peccare. D’ingenuità, ad esempio. Non s’è fidato troppo di alcuni esponenti regionali del M5S che continuavano a rassicurarla nonostante fosse evidente che l’alleanza non c’era più? «Conte, per minuscole logiche sondaggistiche, s’è assunto la responsabilità di andare contro gran parte del gruppo dirigente regionale e di bruciare un percorso costruito con fatica negli anni. L’ha fatto in modo spudorato e soprattutto immotivato».

Veramente un motivo l’ha addotto: il Pd imbarca gli impresentabili nelle liste. È risaputo che il termine non le piace, ma, anche senza M5S, è un tema centrale per il vostro partito. «Non è vero. Conte non dice il vero. Il Partito democratico s’è assunto la responsabilità di non proporre candidati sottoposti a procedimenti penali».

E invece dovrebbe: Villari e Bosco lasciano il Pd e vanno con De Luca. «Ho ben poco da commentare. Prima di questa scelta, da parte del segretario di Catania c’erano stati altri segnali di disallineamento dal partito, come alle elezioni di Scordia. Anche a Catania il partito farà una lista forte e identitaria, per sarà un onore guidarla. Dopo il 25 settembre ricostruiremo la segreteria per affrontare la sfida delle amministrative a Catania, con un partito forte e con persone di spessore, come i candidati all’uninominale Abramo e Arancio. All’insegna della freschezza».

La freschezza della candidatura blindata di Scialfa non tutti l’hanno gradita, però. Così come  altre scelte che le contestano sulle liste per le Politiche. «Io avevo difeso il documento della direzione regionale, che proponeva tutti gli uscenti, più me e Provenzano, con Cracolici e Piccione. La segreteria nazionale ha seguito la linea di unire candidature istituzionali siciliane a nomi del Nazareno, ma aprendo anche al dopo Agorà e a nuovi mondi civici».

L’orfiniano Rubino le ha chiesto le dimissioni. E lei l’ha cacciato dalla segreteria regionale… «Il dibattito franco e schietto è sempre un valore, ma c’è un limite: l’interesse del partito. Non si può andare contro il Pd con azioni o dichiarazioni pubbliche. Io ho fatto un appello a tutti i dirigenti: mettetevi in lista. È il momento di dimostrare il proprio peso. Con il consenso, non a parole».

A proposito di parole: attribuendole una guida “modello Mpa” le rinfacciano i suoi trascorsi con Lombardo. «La mia storia è nota a tutti. Dagli inizi nella sinistra giovanile alla parentesi con gli autonomisti, fino a tutti gli anni, ahimè tanti, nel Pd. Un periodo in cui non c’è un solo atto o una sola azione che non siano coerenti con i valori e i principi del mio partito. Per il resto, non accetto lezioni da chi oggi è candidato con De Luca». Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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